Lo scorso 2 febbraio il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge, progettato dal ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, recante disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario.
In base a tale disegno di legge le regioni possono chiedere allo Stato competenza esclusiva su ben 23 materie di politiche pubbliche.
L’autonomia differenziata è il riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a una regione a statuto ordinario di autonomia legislativa sulle materie di competenza concorrente e in tre casi di materie di competenza esclusiva dello Stato.
Secondo il disegno di legge di Calderoli, insieme alle competenze, le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive.
Nel dettaglio le materie di legislazione concorrente comprendono diversi ambiti: i rapporti internazionali, e con l’Unione europea, il commercio con l’estero, la tutela e sicurezza del lavoro, l’istruzione, le professioni, la ricerca scientifica e tecnologica, la tutela della salute, l’alimentazione, l’ordinamento sportivo, la protezione civile, il governo del territorio, i porti e gli aeroporti civili, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la comunicazione, l’energia, la previdenza complementare e integrativa, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, la cultura e l’ambiente, le casse di risparmio e gli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
La concessione di “forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni a statuto ordinario sono previste dal terzo comma dell’Articolo 116 della Costituzione, che sancisce come possano essere attribuite “con legge dello Stato su iniziativa della regione interessata” (limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace).
Tale comma però non è mai stato stato attuato, soprattutto a causa delle grandi differenze economiche e sociali esistenti tra regioni, che rendono particolarmente delicata, e potenzialmente dannosa, l’approvazione di leggi in questo senso.
Il disegno di legge sull’autonomia differenziata, presentato dal ministro Calderoli ha creato forti dubbi all’interno della maggioranza di governo, in particolare per la vocazione nazionalista di Fratelli d’Italia (molto forte al Centro-Sud, e meno al Nord), ed inoltre ha subito forti critiche anche da economisti e sociologi.
Gli studiosi contestano il disegno di legge sia sugli aspetti tecnici, sia sui possibili effetti sociali estremamente negativi, in grado di aumentare le disuguaglianze a livello inter-regionale, andando ad alimentare ulteriormente il divario Nord-Sud.
Il disegno di legge, fortemente sostenuto dal presidente della regione Veneto Luca Zaia, è stato definito dal Fatto Quotidiano come “la secessione dei ricchi”, perché potrebbe assicurare molti più finanziamenti alle regioni del Nord, che già dispongono di maggiori risorse rispetto a quelle del Sud.
La questione dei LEP (livelli essenziali di prestazione)
Uno dei punti più contestati dell’autonomia differenziata riguarda il finanziamento dei LEP1 (Livelli Essenziali di Prestazione) garantiti su tutto il territorio nazionale, che in base alla Costituzione tutelano i “diritti civili e sociali” di cittadine e cittadini.
L’entità di questi finanziamenti andrebbe stabilita prima delle richieste di autonomia, in modo tale da avere chiaro di quante risorse ha bisogno ogni regione richiedente.
Ma secondo il disegno di legge, che da al governo un anno di tempo per decidere i Lep, le regioni potranno formulare un’intesa anche senza il decreto del presidente del Consiglio che dovrebbe stabilire l’entità dei Lep, distribuendo così i finanziamenti in base alla spesa storica della regione nell’ambito specifico in cui chiede l’autonomia.
Ed è questo il punto al centro delle contestazioni, e che giustifica il termine di “secessione dei ricchi”, perché assicurerebbe maggiori finanziamenti alle regioni del Nord, in quanto hanno più risorse e una spesa storica più alta, e meno a quelle del Sud, dove ci sono meno risorse e quindi una spesa storica più bassa. In questo modo, si accentuerebbero ancora di più le disuguaglianze tra i due poli del paese.
I possibili effetti dell’autonomia differenziata sul sistema scolastico
Il disegno di legge sull’autonomia differenziata di Calderoli è stato criticato anche per gli effetti negativi che causerebbe sul sistema scolastico; in particolare Luca Bianchi, il direttore del centro di ricerca Svimez sul divario regionale ha dichiarato su “Repubblica” che l’autonomia colpirebbe gravemente il sistema scolastico con «un vero processo separatista» in cui si avrebbero «programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e funzionamenti differenziati».
La critica di Luca Bianchi è stata condivisa e sostenuta anche dalla sociologa Chiara Saraceno in un articolo su “Stampa”, in cui lei scrive che: «nei decenni trascorsi dalla riforma costituzionale che ha introdotto l’autonomia regionale non si è ancora riusciti a definire i Lep». Mentre in ambito scolastico non sarebbe «possibile lasciare l’attuazione del compito costituzionale della scuola alle diverse disponibilità e scelte locali», perché già ora «esiste una differenziazione ingiusta delle risorse educative pubbliche offerte sul territorio nazionale, non solo tra regioni, ma anche all’interno delle stesse regioni e città». Differenze che «si sovrappongono alle diseguaglianze sociali e di contesto, invece di compensarle».
I dubbi sui requisiti delle regioni per la richiesta dell’autonomia differenziata
Per quanto riguarda il processo di attivazione della richiesta di autonomia differenziata, il disegno di legge prevede che si potrà procedere sia attraverso una semplice delibera di Consiglio Regionale sia attraverso l’indizione di un referendum regionale (sempre che lo statuto di quella regione lo contempli).
Non si fa menzione, invece, di criteri tecnici minimi per la richiesta, ad esempio, non costituisce un requisito il fatto che la regione richiedente abbia i conti in ordine, o non sia stata commissariata in precedenza per la gestione delle materie di cui fa richiesta, come viene spiegato in un articolo di Paolo Balduzzi, docente di economia su Lavoce.info.
Tra le materie che potrebbero riguardare l’autonomia differenziata figurano l’istruzione, la sanità, la produzione di energia, e la tutela dell’ambiente, tutti ambiti particolarmente delicati e a rischio; l’approvazione della richiesta di una regione che ha dei buchi in bilancio, o peggio ancora sia stata commissariata per la gestione di una determinata materia, potrebbe quindi risultare grave dal punto di vista economico.
La mancata specificazione delle modalità di attivazione delle richieste di autonomia differenziata
Un altro punto che ha sollevato critiche sull’autonomia differenziata proposta da Calderoli riguarda l’assenza di specificazioni sulle modalità con cui attivare le richieste di autonomia, lasciando al governo il compito di elaborare l’intesa tra Stato e regione, per poi inviarla alla regione in questione per essere approvata.
Dopo queste fasi, il Parlamento non avrebbe alcuna voce in merito, perché il Consiglio dei ministri dovrebbe presentare alle camere solo un disegno di legge per approvare l’intesa, sul quale deputati e senatori non avrebbero possibilità di proporre modifiche, di fatto esautorando l’organo legislativo.
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Glossario
1 I LEP sono i Livelli Essenziali delle Prestazioni e dei servizi che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, poiché riguardano diritti civili e sociali da tutelare per tutti i cittadini.
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