Esiste un modo, purtroppo poco conosciuto, grazie al quale è possibile non pagare i tributi locali come IMU, TARI e TASI e, ciononostante, essere in regola con il Comune: si tratta del Baratto Amministrativo.
Il baratto amministrativo, nel diritto italiano, è un contratto, stipulato tra una amministrazione pubblica e un cittadino, che consente a chi è in debito con l’amministrazione locale di pagare i tributi prestando un’attività lavorativa di utilità sociale.
Grazie a questa procedura è possibile pagare le tasse e, in generale, i debiti con l’amministrazione locale attraverso il proprio lavoro, fino alla compensazione di quanto dovuto.
In pratica tale procedura è un po’ l’equivalente dell’azione di lavare i piatti in cucina perché non si può pagare il conto al ristorante.
Il primo comune italiano ad aver istituito il baratto amministrativo e averlo regolamentato è stato il comune di Invorio, in provincia di Novara, il 2 luglio 2015.
I dettagli sul Baratto Amministrativo, la normativa di riferimento, ed il partenariato sociale
Come è già stato specificato il baratto amministrativo consente a chi è in debito con l’amministrazione comunale di pagare i tributi prestando un’attività lavorativa di utilità sociale, come ad esempio pulire le strade o curare il verde pubblico.
Il baratto amministrativo è ammissibile anche con riferimento ai debiti di natura extra tributaria, connessi con l’erogazione di servizi pubblici, come ad esempio il canone dell’acqua.
Il quadro normativo di riferimento per il baratto amministrativo è regolamentato dall’Art. 190 del Decreto Legislativo del 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).
È da evidenziare il fatto che il baratto amministrativo non può mai essere imposto, ma solo offerto al debitore quale alternativa al pagamento del debito che ha maturato.
Non si può quindi costringere un cittadino, per quanto sia in debito col Comune, a prestare un lavoro di utilità sociale.
La procedura per accedere al baratto amministrativo si attua attraverso un contratto tra ente territoriale e cittadino che prende il nome di partenariato sociale.
Il partenariato sociale è quindi l’accordo tra l’ente pubblico creditore e il debitore, stipulato sulla scorta dei progetti presentati dai cittadini che si trovano in posizione debitoria.
A norma di legge, il baratto amministrativo può riguardare: la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la loro valorizzazione mediante iniziative culturali di vario genere, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati.
A fronte di queste attività, concordate con l’ente territoriale nel contratto di partenariato sociale, il cittadino debitore può sdebitarsi nella misura prevista all’interno dell’accordo.
Secondo la legge, in relazione alla tipologia degli interventi, gli enti individuano riduzioni o esenzioni di tributi corrispondenti al tipo di attività svolta dal privato, o comunque utili alla comunità di riferimento.
In pratica nel contratto di partenariato sociale viene stabilito a quanto corrisponde il lavoro prestato dal cittadino debitore, nella misura in cui lo svolgimento dello stesso gli comporta una riduzione del debito maturato, o la compensazione totale di quanto dovuto.
Ad esempio, l’amministrazione comunale potrebbe stabilire che, a fronte di due mesi di attività di pulizia delle strade svolta gratuitamente, il cittadino avrà saldato un importo IMU che si riferisce ad un periodo complessivo di un anno.
Il baratto amministrativo è stato, purtroppo, scarsamente recepito dalle amministrazioni locali; di conseguenza attualmente sono pochi i comuni nei quali i cittadini possono chiedere all’amministrazione di saldare il proprio debito stipulando un contratto di partenariato sociale.
La normativa di riferimento vigente in materia, infatti, come è già stato chiarito, non obbliga gli enti territoriali ad accettare il baratto amministrativo proposto dal cittadino, pur stabilendo che gli enti comunali possono definire, con apposita delibera, i criteri e le condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale.
I tributi pregressi
Per quanto riguarda i tributi pregressi non si può accedere al baratto amministrativo, come stabilito dalla Corte dei Conti con la delibera 313 del 2016 (sezione regionale di controllo per il Veneto).
Secondo la Corte dei Conti il baratto amministrativo non può applicarsi ai debiti tributari pregressi, in quanto tali debiti sono stati già iscritti nei residui attivi dell’ente e, come tali, evidentemente, hanno originato impegni in uscita.
Anche per questo motivo l’amministrazione comunale, nell’adozione del regolamento che prevede la procedura, dovrà ben specificare a quali tributi, e a quali debiti si riferisce il baratto amministrativo.
Requisiti per accedere al baratto amministrativo
I requisiti per potere accedere concretamente al baratto amministrativo, sempre che sia contemplato nelle norme locali, sono stabiliti dagli enti territoriali.
In genere, i Comuni adottano la procedura solamente se la proposta giunge da chi abbia scarse disponibilità economiche, con un ISEE inferiore a una determinata soglia.
Per riportare un esempio concreto, il Comune di Milano ha stabilito che può accedere al baratto amministrativo solamente chi ha un ISEE inferiore ai 21.000 euro, sempre che dimostri l’impossibilità di pagare legata alla perdita o alla riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare a causa di licenziamento, cassa integrazione, mancato rinnovo del contratto, cessazione di attività libero professionale o problemi di salute.
In definitiva, anche se la legge non preclude a nessuno l’accesso al contratto di partenariato sociale, nella pratica gli enti territoriali impongono delle limitazioni, consentendo che il baratto amministrativo saldi solamente i debiti dei meno abbienti.
Si tratta di una scelta tutto sommato logica, poiché sarebbe ingiusto per un’amministrazione comunale rinunciare a recuperare il credito maturato nei confronti di persona benestante.
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