Secondo un’indagine denominata: “Il riutilizzo delle acque reflue in Italia”, realizzata da Utilitalia (Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche), il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura ha un potenziale enorme: si tratta di ben 9 miliardi di metri cubi all’anno di acqua esce dai depuratori.
Purtroppo in Italia tale potenziale non viene sfruttato sapientemente a causa di diversi fattori, tra cui: limiti normativi, pregiudizi degli agricoltori, e una governance non ancora ben definita, limitando così il riutilizzo delle acque reflue solo al 5% (475 milioni di metri cubi) della sua effettiva portata.
Il riutilizzo delle acque reflue in Italia: alcuni esempi virtuosi
Un dato che desta evidente preoccupazione, nonostante vi siano nel bel paese degli esempi virtuosi di riutilizzo dell’acqua in agricoltura, come ad esempio il depuratore di Fregene, che grazie ad un trattamento spinto dell’acqua ne permette il riutilizzo per l’irrigazione dei campi agricoli; oppure il Sistema integrato delle acque reflue urbane e del riuso di Peschiera Borromeo nell’area peri-urbana di Milano.
Fra le altre realtà virtuose che riescono a gestire in modo ottimale il riutilizzo dell’acqua per usi agricoli vi sono il progetto di San Benedetto del Tronto con l’implementazione dei processi di trattamento che permetteranno all’acqua recuperata di poter essere utilizzata per l’irrigazione; ed infine l’impianto di Fasano-Forcatella (Br), in Puglia, che intercetta le acque del depuratore comunale e dopo averle affinate, le distribuisce a 50 aziende agricole.
Tutti gli esempi virtuosi di riutilizzo dell’acqua in ambito agricolo, citati prima, sono oggetto di studio promossi dal JRC (Joint Research Centre) della Commissione Europea; costituiscono, di fatto, delle esperienze preziose che diventano ancora più importanti in periodi di siccità gravi come quello attuale.
L’allarme siccità che minaccia l’economia italiana sia al sud sia al nord dove ha toccato punte da record a causa delle scarse piogge, impone delle scelte strategiche da porre in atto per scongiurare un peggioramento della situazione.
La richiesta di Legambiente al governo per un piano di razionamento dell’acqua in agricoltura
Legambiente ha chiesto al governo di definire un piano di razionamento dell’acqua per usi agricoli, civili, e industriali per attuare una riduzione tempestiva dei prelievi, oltre a diffondere e praticare in agricoltura il riutilizzo delle acque reflue depurate.
Fra le richieste di Legambiente vi è il superamento degli ostacoli normativi nazionali legati al DM 185/2003 (Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue) con l’attuazione del Regolamento UE 741/2020, e indirizzare fin da ora la produzione del 2023 verso attività agricole meno esigenti dal punto di vista idrico, rivedendo i sistemi di irrigazione che favoriscano la riduzione dei consumi.
Le richieste arrivano in vista del primo incontro interministeriale per l’emergenza siccità, in programma oggi, 1° marzo, a Palazzo Chigi, presieduto dalla premier Giorgia Meloni.
«Oggi c’è un potenziale enorme non utilizzato a causa di una normativa nazionale inadeguata e superata anche dal regolamento europeo del 2020 dedicato proprio al riuso, che va applicato subito anche nel nostro Paese» – afferma il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti.
«Ci sono poi le risorse del PNRR e quelle a disposizione del commissario per l’adeguamento del sistema depurativo, su cui stiamo ancora pagando decine di milioni di euro all’anno di multe europee, che devono essere indirizzate anche in questa direzione» – prosegue Zampetti.
«L’agricoltura è il settore che risente principalmente della scarsità dell’acqua e al tempo stesso è il principale protagonista nella sfida per ridurre sprechi e consumi.
«Occorre una riconversione del sistema di irrigazione che punti su sistemi di microirrigazione a goccia, la diffusione di colture e sistemi agroalimentari meno idro-esigenti e una revisione del sistema di tariffazione degli usi dell’acqua basato su premialità e penalità per valorizzare le esperienze virtuose» – conclude il direttore generale di Legambiente.
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